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LO STRAPPO Un percorso di educazione alla cittadinanza per scuole e associazioni
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recensioni

A.A. Merenda Ivana 183^corso Verbania- Dott. Vannini
Sabato 27 Gen 2024
Spesso coloro che commettono reati hanno alle spalle storie familiari caratterizzate da vuoti di cure, abbandono, trascuratezza (già la scuola positiva riconosce che ci sono dei fattori che sovra determinano l’agire umano quali anche il contesto di vita familiare e sociale) per cui la reclusione in carcere dà loro possibilità di fermarsi e pensare per mezzo di uno stop forzato. Il carnefice è orgoglioso di essere carnefice perché in questa condizione si sente inattaccabile e non mostrerebbe mai le sue debolezze piuttosto esclude la responsabilità delle proprie azioni, ricercandola nella società, nella famiglia o nella persona offesa stessa come giustificazione dei suoi comportamenti. La giustizia riparativa è molto piú macchinosa quindi di quella punitiva perché prevede uno sforzo di revisione di se stessi, un autoanalisi che però nella realtà dei fatti spesso non si realizza: la detenzione in carcere conduce piú a una ricostruzione di vita in termini di lavoro e casa che non una rivisitazione delle proprie responsabilità. Un detenuto conclude affermando che il cambiamento e’ insito in ognuno di noi e ognuno con i suoi modi e tempi può realizzarlo ma necessita anche di un ambiente idoneo per dare il meglio di sé nel cambiamento. Questo ambiente idoneo è costituito proprio dagli istituiti penitenziari e da tutti coloro che ivi lavorano, inclusi noi agenti di polizia penitenziaria.
A.A. Merenda Ivana 183^corso Verbania- Dott. Vannini
Sabato 27 Gen 2024
In realtà il reato, con il relativo trauma, porta con sé conseguenze a lungo termine per la vittima e il maggior interesse ricade non tanto sul risarcimento economico quanto sull’ accertamento della verità, che sia fatta giustizia e punito il colpevole. Scopo del processo non è risarcire la vittima e fornirle un colpevole ma bensì esercitare la pretesa punitiva dello Stato, di sanzionare coloro che hanno violato le regole della comunità; a sostegno di ciò lo spazio di ascolto delle vittima in quanto parte civile e’ molto ridotto e il processo procederà anche in sua assenza e contro la sua volontà. I mezzi di informazione, invece, prediligono il racconto del “cattivo”, di chi quel reato lo ha commesso suscitando interesse nell’ opinione pubblica e portando quasi a una concezione positiva, eroica del criminale reso speciale da immagini e racconti fuorvianti. Un detenuto intervistato ha affermato che, data a suo avviso l’assenza di utili strumenti di reinserimento sociale in carcere, sarà naturale per lui uscire e “fare piú casino di prima”: chiaro esempio di aggressività passiva, i detenuti non riconoscono le vittime delle proprie azioni e si comportano essi stessi come vittime, vittime dello Stato che non è in grado di fornirgli utili strumenti dunque sarà naturale per loro tornare a delinquere.
A.A. Merenda Ivana 183^corso Verbania- Dott. Vannini
Sabato 27 Gen 2024
Da questo documentario, attraverso gli interventi di diverse professionalità quali giornalisti, avvocati, Pm, magistrati di sorveglianza nonché gli stessi detenuti e congiunti delle vittime, si discute in linea temporale di cosa accade nella psiche umana quando i reati vengono commessi, sia in colui che li compie che nelle vittime; di come i processi si sviluppino e siano lunghi e del tipo di percorso e cambiamento cui la detenzione può condurre avendo sempre alla base la volontà del soggetto di cambiare e la consapevolezza dei propri errori. La “vittima”, come affermano gli stessi detenuti, non è vista come un essere umano, la deumanizzazione costituisce la precondizione dell’aggressività e della commissione stessa dei reati. Le vittime non esistono, non sono mai esistite per il criminale che non pensa di avere di fronte a sé un essere umano uguale a lui. La consapevolezza arriva solo successivamente, in carcere, quando si viene puniti per qualcosa che si è commesso in ogni caso mossi contro qualcuno, la vittima appunto. Le vittime, d’altro canto, con le loro famiglie sono poco considerate dai mezzi di informazione, per lo piú “sul momento” perché il loro racconto è emotivamente forte e in sede di processo chiedendo il loro grado di soddisfazione relativamente allo svolgersi del processo stesso e se possano un giorno perdonare il colpevole.
MICHELE POPOLO
Sabato 27 Gen 2024
MICHELE POPOLO, 183°VERBANIA
La morte di un familiare a causa di un omicidio aumenta il rischio di gravi conseguenze a medio e a lungo termine in quelli che potrebbero essere definiti come ‘sopravvissuti’, che non riescono a trovare una spiegazione e l’accettazione di quanto sia accaduto realmente, causa rabbia, paura, impotenza, senso di colpa, nostalgia e, talvolta, implicito sentimento di non perdono. Ulteriore sofferenza nasce a seguito di dinamiche di negligenza e/o insensibilità da parte delle Istituzioni e dei mass media (“violenza aggiunta alla violenza”), che rendono la vittima soltanto una “occasione”. Questi vissuti, insieme alla persistente minaccia della presenza mafiosa, portano spesso i “sopravvissuti” a combattere da soli la battaglia per la giustizia e la verità. Se da un lato riscontriamo nei criminali assenza di consapevolezza o forse rifiuto delle proprie azioni, dall’altro lato occorre dunque dar voce alla sofferenza dei ‘sopravvissuti’, costruendo idonei progetti terapeutici volti alla ricostruzione del presente, al superamento del passato ed alla visione di un futuro nuovo. Un possibile strumento di aiuto potrebbe essere la creazione di un network, che metta in contatto i ‘sopravvissuti’, al fine di promuovere un processo elaborativo dell’evento traumatico ed evitare di rinforzare il processo di vittimizzazione.
Oigres Iralozza
Sabato 13 Mag 2023
Il doc è ben strutturato. Solleva molti problemi e tenta anche, indirettamente, per bocca degli intervistati, di dare dei suggerimenti. Saranno colti da chi di dovere? Ritengo che soggetti non indifferenti in questo scenario siano anche le "forze dell'ordine" e il sistema carcerario nel suo complesso (come i "secondini"). Entrambi credo influenzano la percezione della "Giustizia" da parte della societa' e del "colpevole".
RIGGIO GASPARE LISBONA parte3
Mercoledì 19 Apr 2023
Una simile denuncia, molto più velata, proviene anche dalle istituzioni, le quali attribuiscono questa “lentezza processuale” alla mancanza di investimenti e di conseguenza di strumenti che possano aiutare a dare maggiore giustizia alla vittima e al detenuto.
Ritengo che il suddetto documentario sia uno strumento molto utile ed importante per permettere a tutti di conoscere una realtà molto complessa quale è il mondo carcerario, ma soprattutto di comprendere e giungere alla conclusione che il reato non riguarda una particolare categoria di persone, ma può afferire tutti gli esseri umani in egual misura. È quindi necessario sensibilizzare i giovani su queste tematiche, affinché possano riconoscere e perseguire la strada della legalità.
RIGGIO GASPARE LISBONA parte2
Mercoledì 19 Apr 2023
vale a dire la condizione di essere umani e in quanto tali poter commettere degli errori e imparare da essi. Difatti, è importante che i detenuti, in carcere, prendano consapevolezza dei propri errori, della gravità dei propri reati e, come spesso si ripete all’interno dei documentario, riflettano sul proprio passato, ma per far ciò è necessario che venga istituito un percorso di rieducazione e di reinserimento sociale affinché il detenuto possa realmente prendere consapevolezza della gravità del reato commesso, possa ritornare a credere in se stesso e possa soprattutto, scontata la pena, cambiare vita al di fuori del carcere abbandonando la strada della criminalità. A tal proposito, si ricorda il caso del detenuto che dopo 7 anni di detenzione carceraria, una volta fuori non ha migliorato la propria condizione ma al contrario è tornato a commettere reati ritornando nuovamente in carcere. La rieducazione del detenuto è un percorso molto complesso e non sempre si realizza, sono molte le denunce da parte dei detenuti, i quali criticano la struttura del sistema carcerario in Italia e denunciano il sistema giudiziario a causa della lunga durata dei processi che molto spesso riguardano persone innocenti che vengono private della propria libertà. Una simile denuncia, molto più velata, proviene anche dalle istituzioni,
RIGGIO GASPARE LISBONA parte1
Mercoledì 19 Apr 2023
Ho trovato molto interessante il documentario e di conseguenza il progetto “Lo strappo” promosso dai capi scout Agesci. Trattasi di un importante opera di informazione prima e di sensibilizzazione poi circa tutto ciò che concerne il mondo della Giustizia, mettendo in rilievo l’elemento umano riguardante tanto le vittime quanto gli autori del reato.
Un accenno molto particolare riguarda la condizione delle vittime che come si evince dal documentario non riguarda soltanto le vittime del reato in senso stretto e quindi coloro che trovano la morte per mano di terze persone, ma riguarda tutte le vittime che vengono coinvolte in un reato. A questo proposito si fa riferimento a quelle che possono essere definite vittime indirette, vale a dire coloro che hanno dei legami familiari con gli attori del reato, quali i familiari delle vittime e i familiari dei colpevoli, in riferimento a questi ultimi è significativo il pensiero del padre detenuto nei confronti del figlio, considerato la sua prima vittima. Tuttavia, ascoltando e analizzando le parole dei detenuti si evince che, in realtà, le prime vittime sono proprio gli autori del reato, quali vittime del contesto socio-familiare in cui sono cresciute.
Il documentario mette al centro l’essere umano in tutte le sue sfumature, dando voce tanto ai familiari delle vittime quanto ai colpevoli, ed è proprio dalle loro parole che emerge l’elemento che accomuna tutti gli autori coinvolti all’interno di un reato,
Di Giorgi Amsterdam
Lunedì 17 Apr 2023
Trovo questo documentario molto interessante perché ci mette di fronte a svariati punti di vista dei soggetti coinvolti in un reato e ci fa comprendere il lavoro che svolgono gli appartenenti alla magistratura e inoltre sacrifici dei parenti dei detenuti che avvolte per un processo i tempi di attesa sono elevati
I social media si focalizzano più sul detenuto che sulla vittima facendo passare in immagine diversa dalla realtà..
Galatà Amsterdam
Lunedì 17 Apr 2023
Trovo che sia un documentario decisamente interessante per capire e approfondire i compiti che hanno le varie figure all’interno del sistema giudiziario, possiamo notare la differenza tra le due parti quella detentiva e quella dei familiari che ne pagano il prezzo più alto a livello psicologico e affettivo, in più possiamo capire e approfondire il percorso rieducativo per il reinserimento delle persone detenute nel contesto sociale, poiché a parer mio gli istituti penitenziari sono la base della società, inoltre aggiungo che possiamo apprendere dove il sistema giudiziario fallisce per quanto riguarda la durata dei processi.
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